Foligno: “La prima guerra mondiale. Una interminabile insanguinata trincea”

4 Maggio 2015, pubblicato da

FOLIGNO – Un viaggio nella storia tra passato, presente e futuro. E’ quello compiuto alla Caserma “Gonzaga” di Foligno, che ha ospitato il convegno “La prima guerra mondiale. Una interminabile insanguinata trincea”.
L’occasione, il centenario dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra. In sala, tra il numeroso pubblico, le autorità locali e militari cittadine e dei Comuni limitrofi, associazioni combattentistiche e d’arma, rappresentanti delle Sezioni Anmig di Perugia, Terni, Assisi, Castiglione del Lago, ma anche e soprattutto tanti giovani studenti provenienti da diverse scuole medie di primo e secondo grado della città. A promuovere l’iniziativa la Sezione territoriale dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra, presente con il suo presidente Egidio Metta.
“Spero che i giovani – ha dettoMetta  – possano conoscere e quindi ricordare ciò che i loro padri e i loro nonni hanno vissuto. Desidero che loro sappiano cos’è la guerra e a cosa porta”.
Anche perché Egidio Metta, la guerra l’ha vissuta sulla propria pelle. Oggi ha 96 anni, ma in lui è ancora nitido il ricordo della prigionia in Polonia, quando per più di un anno fu nelle mani dei tedeschi. Poi il ritorno in Italia, in famiglia. Una testimonianza, la sua, che si è affiancata a quella di un altro grande personaggio della storia locale, Manlio Marini, oggi presidente de “L’Officina della Memoria”, e del Presidente nazionale dell’Anmig Bernardo Traversaro, che a Foligno ha illustrato   la nascita e i compiti dell’Associazione ormai centenaria.
“Il nostro compito – ha dichiarato Traversaro, il cui intervento riportiamo a parte – è quello di far conoscere la nostra storia alle nuove generazioni. E’ importante che loro sappiano cos’è successo in quegli anni”.
Il viaggio, iniziato nel passato, è poi proseguito pian piano fino ad arrivare ai giorni nostri. E proprio sugli spaccati di vita quotidiana si è inserito l’intervento della Vice Presidente della Camera dei Deputati Marina Sereni.
“Mi è stato chiesto di parlare della prima guerra mondiale – ha spiegato – guardando però  all’impegno per la pace. Oggi ci troviamo di fronte a grandi emergenze che riguardano la povertà nel mondo, il risorgere di nazionalismi e il terrorismo. Per affrontare queste sfide, dobbiamo affinare gli strumenti della politica, della diplomazia e della comunità internazionale. Certo non possiamo escludere sempre l’uso della forza, ma quella – ha concluso Marina Sereni – deve essere veramente l’ultima risorsa cui ricorrere”.
Nel corso dei lavori moderati del professore Roberto Segatori, è intervenuto anche il Prorettore dell’Università “La Sapienza”, Antonello Biagini, che ha ampiamente illustrato la situazione europea, contraddistinta dai vari imperi. La guerra – ha aggiunto il professor Biagini – essendo un fenomeno complesso, spesso paradossalmente si mette in moto e va al di la di coloro che credono, attraverso le guerre, di poter risolvere dei problemi. Molto spesso quando un conflitto inizia si ha una visione limitata di quel conflitto.
Nella stessa Aula Diaz della Caserma Gonzaga si è tenuto, nel pomeriggio, nel contesto degli eventi per il centenario della prima guerra mondiale, un excursus storico dal titolo “La Grande Guerra: itinerari folignati tra storia, abiti e musica”.
Nei quadri d’epoca (viventi), un suggestivo salto indietro nel tempo nella cornice più adatta: il Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito, ovvero la Caserma “Gonzaga” che nella storia della città a partire da fine Ottocento ha sempre scritto pagine determinanti ed irrinunciabili.
A condurre per mano il numeroso pubblico intervenuto, è stata la professoressa Ambra Cenci, che ha raccontato il succedersi degli eventi, a partire dalle grandi manovre del 1882 al Campo di Marte di Foligno, fino alla proclamazione della vittoria il 4 novembre 1918, con il lancio al Paese dello storico manifesto dell’ANMIG e l’inaugurazione, nell’agosto del 1919, del grande molino a Porta Romana in Foligno.
Lo spettacolo, firmato dalla regia di Valter Romagnoli, ha visto tra i protagonisti anche la bravissima soprano Annalisa Grauso (che ha interpretato Elisa Ferrari quando cantò “La Norma” al Teatro Piermarini di Foligno e riproposto la famosissima canzone in napoletano “O surdato ‘nnammurato”, accolta da lunghissimi applausi) ed il maestro Antonio Barbi che ha curato i commenti musicali dal vivo.
In tutto quattordici quadri che hanno ripercorso ventisette anni di storia nazionale e folignate sottolineati da preziosi abiti autentici del periodo messi a disposizione da alcune famiglie di Foligno. Tra i figuranti, ad indossare gli abiti storici sono stati i ragazzi del V  AS – V  ES  e V  ASA del Liceo Scientifico “G. Marconi” che hanno sfilato in maniera impeccabile. Determinante anche la partecipazione del Quartiere Porta Santa Croce di Nocera Umbra, i cui personaggi hanno ricostruito la vita del popolo ad inizio Novecento. Importante la sottolineatura che ha consentito di comprendere il ruolo primario delle donne nell’economia locale durante la Grande Guerra.
Sulle note dell’Inno Nazionale cantato dal soprano Annalisa Grauso, accompagnata dal maestro Antonio Barbi, si è concluso, in un’atmosfera di vera suggestione,  il particolarissimo defilé.
La progettazione ed il coordinamento degli eventi sono stati curati dalla Vice Presidente sezionale Fiorella Agneletti. Preziosa è stata la collaborazione della consocia Marisa Lucidi nella realizzazione accurata di sottogonne e finiture offrendo alle modelle il necessario supporto.

Fiorella Agneletti

 

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Il Presidente Nazionale a Foligno: “Un secolo
al  servizio dell’Italia”

Autorità, Carissimi Amici, Carissimi Giovani,
sono particolarmente onorato di essere qui con voi, oggi, in qualità di Presidente Nazionale dell’Associazione Mutilati ed Invalidi di Guerra, che si avvicina a celebrare i 100 anni di età.
Abbiamo ascoltato negli autorevoli interventi che mi hanno preceduto come la prima guerra mondiale sia stata una tragedia immane, che restituì alla società civile un gran numero di individui resi permanentemente invalidi.
Già durante la guerra si avvertiva la gravità del soldato tornato mutilato o invalido dal campo di battaglia. Era urgente, doveroso dare una risposta organizzativa ad una realtà che stava assumendo una fisionomia sempre più precisa. E’ da questa drammatica situazione che nasce, il 29 aprile 1917 a Milano, l’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra, creata con l’obiettivo di raccogliere coloro che erano rimasti feriti o mutilati in combattimento e di operare nel loro interesse.
Questi erano gli obiettivi principali della neo nata Associazione; obiettivi ben delineati e consacrati nello storico Manifesto lanciato dall’Anmig al Paese nella vittoriosa giornata del 4 novembre 1918.
Dopo lunghi anni di sofferenze, di privazioni, bisognava con fatica ricominciare. Ricominciare a ricostruire, ma soprattutto ricominciare a vivere.
La prima Casa del Mutilato – appena due locali poco ammobiliati in Via Silvio Pellico 8, a Milano – divenne subito, nel grande dolore, un rifugio amico non solo per l’invalido di guerra, ma per la vedova, per l’orfano, per il genitore che aveva perduto il figlio.
In quasi tutte le maggiori città italiane sorsero dei Comitati di Assistenza. Nacquero delle vere e proprie scuole di rieducazione, affiancate da istituti di cura ortopedica e lavorativa per dare la possibilità ai moltissimi invalidi di guerra di imparare a convivere  con la loro menomazione e di riprendere una attività lavorativa redditizia.
Fu creata una rete capillare fin nei più remoti angoli d’Italia.
Prendeva forma un progetto ambizioso, che vedeva la nascita della “classe dei mutilati”, rappresentati e tutelati da un’unica organizzazione, ordinata e disciplinata.
Tutto questo fu possibile soprattutto grazie all’intraprendenza e  alla volontà di molti, pronti ad ascoltare, a sostenere, ad aiutare anche materialmente chi era stato più sfortunato.
Il ricordo della guerra sarebbe stato il compagno insostituibile e perenne di ogni attimo della loro esistenza con il dolore e la mutilazione, ma l’aggregazione era fondamentale per andare avanti e superare gli  innumerevoli problemi.
Da quel momento iniziò la battaglia unitaria dei  Mutilati ed Invalidi per il riconoscimento dell’invalidità e delle mutilazioni riportate durante la Prima Guerra Mondiale con il sacrificio della propria integrità fisica. Una battaglia che continuò anche dopo la Seconda Guerra Mondiale e che portò al diritto del risarcimento del danno subito, all’assistenza sanitaria e, soprattutto, ad una maggiore considerazione da parte della società.
In questo lungo tragitto l’Anmig  ha sempre operato in difesa della pace e della libertà e non ha mai abbandonato i valori e gli ideali che ne avevano determinato la nascita e che ritroviamo nel Manifesto del 4 novembre 1918: un vero e proprio Appello rivolto al Paese, la cui attualità è straordinaria, se si pensa ai tanti conflitti esistenti.
In alcuni passi, infatti, si legge :
– Ogni Nazione vivrà libera e sovrana, condannando la barbarie della guerra e favorendo il  progresso nazionale e umano.
– Ogni Nazione deve assicurare ai suoi figli piena indipendenza, istruzione, giustizia e libertà.
– La Patria si deve edificare nell’anima dei cittadini, come coscienza e come volontà.
Il compito del nostro prestigioso Sodalizio  non si è affatto esaurito, ma è stato assegnato ai nostri figli, nipoti e pronipoti, che non mancheranno di  tener viva l’eredità trasmessa dai loro padri e di  garantire la continuità dei valori e degli ideali nei quali i mutilati e gli invalidi di guerra hanno creduto e che sono alla base della nostra Carta Costituzionale, nata per opera dei Padri fondatori.
Grazie …

Bernardo Traversaro

 

Il saluto del Presidente di Foligno Egidio Metta

Buongiorno a tutti,
sono il Presidente della Sezione Anmig di Foligno e sono il figlio della prima guerra mondiale. Questo mio intervento oltre che costituire un saluto doveroso ai presenti, intende rappresentare semplicemente una testimonianza di un excursus di avvenimenti che hanno condizionato non solo me ma milioni di altri combattenti.
Gli eminenti Relatori che seguiranno mi perdoneranno per i pochi minuti che verranno meno ai loro preziosi contributi.
Sono stato concepito con la gioia dei miei genitori il giorno della vittoria italiana. Dopo alcuni mesi sono nato ed ho respirato aria satura di odore di polvere da sparo.
Nella seconda guerra mondiale sono combattente, reduce dai campi di concentramento tedeschi in Polonia, invalido militare.
Sono uno degli ultimi “padri” che hanno votato per la fondazione della Repubblica Italiana.
Nel 1894 viene inaugurata la Caserma di Foligno autorizzata dal Re Vittorio Emanuele II nel 1875 e dedicata al Re Vittorio Emanuele II.
Questo locale in cui ci troviamo viene chiamato “la cavallerizza”. Qui vengono a fare maneggio tutti gli Ufficiali. Nel gennaio 1942, seconda guerra mondiale, vengo ad effettuare maneggio anche io ma presto sono inviato nei Balcani.
Dopo la sconfitta subita con la prima guerra contro l’Etiopia, l’anno 1900 si presenta, sembra, alquanto calmo e tranquillo. Invece nel 1911 – 1912 e 1913 l’Italia è nella sua seconda guerra contro la Turchia per il possesso della Libia e del Dodecanneso.
L’Italia viene ricordata come la prima nazione al mondo per avere adoperato gli aerei da bombardamento con la differenza che i nuovi apparecchi lanciano le bombe automaticamente mentre nei primi le bombe venivano lanciate dagli aviatori.
Per i turchi sono un disastro, sono terrorizzati perché non riescono a trovare alcun riparo.
E’ appena passato il 1913 che un anarchico, studente bosniaco tale Gravilo Princip uccide a Sarajevo l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia.
L’Europa cade nel completo sbigottimento perché teme una reazione da parte dell’Austria e della Germania. Infatti le due nazioni con l’Ungheria e la Russia dichiarano guerra alla Serbia. La Francia e l’Inghilterra e, nel 1918, l’America, dichiarano guerra alle predette nazioni. L’Italia, che fa parte della Triplice Alleanza, interviene in ritardo perché, si dice, che l’Austria non le concede l’Istria e Trieste in caso di vittoria. Si allea, così, con la Francia e l’Inghilterra.
Dopo tre anni di combattimento le truppe di tutti gli schieramenti sono esauste, demoralizzate, soprattutto l’Italia.
Molti italiani si danno prigionieri, altri disertano e, di quest’ultimi, ne vengono fucilati 170.
L’Austria approfitta della situazione e sfonda il fronte: è Caporetto; è una tragedia. Tutti corrono via, abbandonano qualsiasi cosa. La popolazione si unisce a loro e corrono verso il Piave. I primi riescono a superarlo, gli altri vengono bloccati sul fiume in quanto vengono rotti i ponti.
Per l’Italia è uno sgomento, il Generale Cadorna viene sostituito dal Generale Diaz il quale ripristina il fronte. Fornisce i soldati di vestiario e viveri e rinforza l’esercito con chiamata alle armi di altri riservisti di nuove armi e 2.200 bocche da fuoco.
La guerra continua. L’Austria fa presente alla Germania di trovarsi in difficoltà.
Si accordano e costituiscono 8 divisioni, 6 battaglioni e 2.400 bocche da fuoco.
Verso la fine del 1917 il grande eroe poeta Gabriele D’Annunzio, medaglia d’oro e tre medaglie d’argento, a capo di due MAS, dall’Adriatico passa nelle acque nemiche e compie la “beffa di Buccari”, una tra le imprese più audaci del conflitto con un risvolto morale di ben vasta portata, anche se privo di risultati concreti.
Il secondo episodio riguarda il tenente di cavalleria Francesco Baracca, eroe degli eroi, medaglia d’oro e cinque medaglie d’argento, che passa in Aeronautica e frequenta così la Scuola di aerei da combattimento.
Compie 64 combattimenti ed abbatte 43 aerei.
Un giorno volando a bassa quota per mitragliare i nemici, viene colpito da un colpo di fucile e cade sul Monte Adamello, si disse che era stato un soldato italiano che non avendo riconosciuto l’aereo, lo colpì.
Gli fu eretto un monumento lungo le rive del fiume Piave a Nervesa della Battaglia.
Ho concluso.
Ringrazio per lo spazio del quale ho forse abusato ma mi sentivo in dovere in questo interessantissimo convegno, in quanto ormai uno degli ultimi antichi combattenti, di portare una mia modesta testimonianza.
Grazie.

Egidio Metta