Il Giorno della Memoria
Venti anni esatti sono trascorsi dalla prima solenne celebrazione del “Giorno della Memoria” che il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi volle tenere proprio tra noi Mutilati ed Invalidi di guerra alla Casa Madre di Roma.
Venti anni in cui non abbiamo mai mancato di ricordare ed onorare quel 27 gennaio del 1945 assumendo il rischio che le parole di condanna, dolore e ricordo portate di anno in anno ai tanti giovani che abbiamo accolto, diventassero parole trite, vuote perché legate ad un passato sempre più lontano.
Purtroppo questo rischio oggi, 27 gennaio 2022, è cancellato da un fatto di cronaca accaduto proprio nella nostra amabile Italia: quattro giorni orsono un bambino di 12 anni è stato aggredito e insultato in un parco da due ragazzine poco più grandi di età, perché di origine ebraica.
Un dolore vivo ci colpisce, tanto da farsi stupore, da piombarci in un senso di impotenza al quale però, oggi, siamo determinati a reagire con grande fermezza unendoci alle parole di Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma: “non vorrei mai che quest’episodio, per quanto intollerabile e da perseguire, oscurasse un mondo fatto di società civile, scuola, educazione e istituzioni che attorno al Giorno della Memoria continuano a profondere una grande energia nella continuità di quello che questo giorno vuole significare. Cioè la riflessione corale su ciò che è stata la tragedia della Shoah”. “È un episodio gravissimo che però dobbiamo cogliere nella direzione giusta. Quella dell’impegno ancora maggiore ad un’educazione e conoscenza del passato per affrontare le fragilità, le difficoltà e il pregiudizio antisemita che purtroppo pervade ancora la nostra società”.
Dunque ricordiamolo ancora, ricordiamolo sempre, in ogni singolo giorno della nostra vita: 77 anni fa i soldati russi aprirono i cancelli del lager di Auschwitz, il primo di tanti altri campi di sterminio che le armate liberatrici incontrarono sul loro cammino.
Da quel momento il mondo conobbe l’abisso dell’orrore organizzato.
Nel corso degli anni è stata forte la tentazione di rimuovere i ricordi, di rimuovere l’angoscia e lo sgomento di 77 anni fa. Ma ciò non è possibile.
Lo dobbiamo ai 650.000 soldati italiani rinchiusi nei lager. 60.000 morirono per gli stenti, il lavoro disumano, le torture.
Ai 35.000 fra partigiani e semplici cittadini che si opposero al nazifascismo e furono deportati nei campi di concentramento. Diverse migliaia non tornarono.
Ai 10.000 ebrei italiani deportati.6.000 non tornarono.
La memoria è un dovere perché le nuove generazioni conoscano dalle testimonianze dirette la profondità della tragedia di cui siamo stati testimoni e vittime.
La Confederazione Italiana fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane, che ho l’onore di rappresentare, rinnova solennemente il suo impegno, affinché non si perda nulla di quello che è stato.
Con le forze che ancora ci rimangono continueremo a lottare contro la violenza, contro la propaganda dell’odio.
Accompagniamo i nostri ragazzi con la memoria e con la vicinanza di cui siamo capaci, e cerchiamo di comprendere cosa fa sì che si allontanino a volte dal patto d’amore in cui non può non stringersi la comunità umana.
Claudio Betti