IMI, una storia di resistenza e sacrificio dimenticata

9 Aprile 2025, pubblicato da

Nel settembre del 1943, con la firma dell’armistizio, oltre 700.000 militari italiani furono catturati e deportati nei campi di prigionia tedeschi. Privati dello status di prigionieri di guerra, furono classificati dai nazisti come Internati Militari Italiani (IMI) e costretti a lavorare forzatamente in condizioni disumane. La loro scelta di non collaborare con il regime fascista e con l’esercito tedesco li condannò a mesi e anni di sofferenze indicibili.

Il sacrificio degli IMI è stato per lungo tempo dimenticato, ma oggi diverse associazioni, tra cui l’ANMIG, si battono per il riconoscimento ufficiale di questi militari. Grazie al loro impegno, il governo italiano ha avviato la concessione della Medaglia d’Onore ai sopravvissuti e ai familiari degli ex deportati. Tuttavia, il processo di riconoscimento è spesso ostacolato da lungaggini burocratiche e dalla mancanza di documentazione.

Fondamentale è stato anche il contributo della Croce Rossa, che durante e dopo la guerra ha assistito gli ex internati, raccogliendo testimonianze e documenti che oggi rappresentano una preziosa fonte storica. A Ferrara, per esempio, sono in corso ricerche negli archivi per individuare e riconoscere ufficialmente i deportati della provincia. Tra le figure più attive in questa battaglia per la memoria vi è Fatma Carrara, vedova del compianto Presidente Nazionale Onorario Giorgio Pancaldi nonché attuale Vice Presidente della Sezione ANMIG di Ferrara, che si è impegnata con determinazione nella raccolta di testimonianze e nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

Il ricordo degli IMI è un monito per le nuove generazioni. Il loro coraggio e la loro resistenza silenziosa rappresentano un esempio di dignità e fedeltà ai valori di libertà e giustizia. Preservare la memoria di questa pagina di storia significa rendere omaggio a uomini che hanno scelto di non piegarsi alla dittatura, pagando un prezzo altissimo per la loro integrità.