Matteotti: una Resistenza ante litteram
Venerdì 21 novembre 2014, presso la Sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria Sopra Minerva si è svolto il convegno “Una resistenza ante litteram: la vita e la memoria di Giacomo Matteotti”, alla presenza del Presidente del Senato Pietro Grasso. La Confederazione fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane, rappresentata dal Presidente Bernardo Traversaro, ha voluto in questo modo rendere omaggio alla figura dell’illustre parlamentare italiano a novant’anni dalla morte.
Subito dopo i saluti del Presidente Traversaro, il Presidente Grasso ha aperto i lavori del convegno, tracciando un profilo di Matteotti e citandone l’eroismo e l’attualità. La figura di Matteotti è stata successivamente ricordata anche da Mario Artali, Presidente della Federazione delle Associazioni Partigiane (?), nella sua introduzione. Hanno preso poi la parola due insigni storici: il Prof. Stefano Caretti – che ha trattato la vita politica di Matteotti e il significato della sua azione nell’Italia del primo dopoguerra – e il prof. Gianpasquale Santomassimo – che ha illustrato la memoria di Matteotti nell’ambito dell’antifascismo e della Resistenza italiana. Successivamente l’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra ha presentato il “Progetto Scuola: l’attualità della figura e del pensiero di Giacomo Matteotti per i giovani”. Le conclusioni dei lavori sono state affidate a Luciano Guerzoni, Vice-Presidente vicario dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
Nella preparazione di questo convegno, ideato da Ugo Pavan Dalla Torre, storico e collaboratore dell’Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, la Confederazione ha inteso fornire un contributo innovativo ed originale al ricordo della vita e del sacrificio del deputato veneto. In occasione del novantesimo anniversario della morte le iniziative in memoria di Matteotti si sono infatti moltiplicate, dato l’alto valore simbolico del personaggio. Proprio per questo si è deciso di collegare idealmente la figura del Matteotti vivo ed operante alla memoria di Matteotti, una memoria utilizzata durante gli anni del regime fascista e della Resistenza da coloro che decisero di opporsi con il segreto lavoro di propaganda e con le armi alle prevaricazioni della dittatura e all’occupazione straniera.
Questa originale impostazione ha dunque permesso di collegare idealmente i due importanti anniversari che ricorrono in questo periodo: il centenario della Grande Guerra e il settantesimo della Resistenza. La parabola politica di Matteotti giunse infatti al culmine subito dopo la conclusione della prima guerra mondiale, quando – nonostante l’azione fascista avesse turbato la serenità della campagna elettorale e delle operazioni di seggio – venne eletto Deputato. Proprio alla Camera, ebbe modo di dare prova del suo coraggio e della sua abnegazione, denunciando le prepotenze del partito e dei gregari di Mussolini nella provincia di Rovigo, prepotenze di cui egli stesso aveva avuto esperienza diretta. Era il 1924, il primo anno in cui per le votazioni politiche venne utilizzata la “Legge Acerbo”. I fascisti avevano ottenuto la maggioranza alla Camera. Ma si trattava di una maggioranza assai fragile, ottenuta soprattutto grazie a brogli e violenze di ogni genere. Matteotti volle denunciare proprio questo aspetto, nonostante in molti gli avessero consigliato di agire con prudenza. Ma, secondo il Deputato socialista, troppo rilevanti erano stati i soprusi fascisti ed era necessario che la Camera fosse messa al corrente di tale incresciosa situazione e, attraverso la Camera, l’Italia tutta potesse conoscere il vero volto del fascismo, un volto autoritario e violento. Matteotti aveva ben capito come il consenso al fascismo non provenisse dalla fiducia degli italiani, ma dalla loro paura. Si trattava di paura fisica – si temevano nuove ritorsioni e nuove violenze – ma anche paura politica – avendo il fascismo agitato lo spettro della rivoluzione e dell’avvento del comunismo. Matteotti, attraverso tutta la sua azione politica e con il suo intervento alla Camera il 30 maggio 1924, intendeva imprimere un deciso cambio di rotta, per evitare il vicolo cieco che la politica e la vita pubblica italiane sembravano aver imboccato. Decise di esporsi poichè credeva fermamente che presupposto di una buona amministrazione fosse un rapporto corretto fra cittadini e rappresentanti, fra elettori ed eletti; un rapporto basato sulla conoscenza e sulla reciproca fiducia.
La scelta di parlare liberamente, di attaccare apertamente Mussolini e i suoi metodi anti-democratici fu una scelta corretta anche dal punto di vista della tempistica. Era il momento in cui questi metodi spregiudicati sembravano aver colpito negativamente il Paese, ormai non più disposto a tollerare le violenze e la logica di serrata contrapposizione fra forze politiche. Occorreva un intervento deciso per cercare di dare una svolta alla spirale di violenza che aveva avvolto il Paese. Ma si trattò, come è noto, anche di una scelta che costò la vita a Matteotti.
La sua morte, come quella di altri illustri italiani – penso in particolare a Gobetti, a Gramsci, ai fratelli Rosselli – e di tanti altri cittadini onesti il cui nome non viene ricordato, fu dunque la conseguenza delle tensioni politiche e sociali nate ed alimentate dalla Grande Guerra. Fu una morte figlia di quelle tensioni e di quella deriva autoritaria che avevano dato vita e portato al potere il fascismo nella Milano del primo dopoguerra.
Ma la sua morte non fu vana. A lui, al suo coraggio, al suo desiderio di servire fino infondo le istituzioni liberali del Paese si ispirarono moltissimi giovani che scelsero di avversare il fascismo e i suoi alleati nazisti, negli anni ’30 e dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
Certo, collegare l’azione di resistenza politica di Matteotti con la Resistenza del biennio 1943-1945 potrebbe sembrare azzardato. Si tratta forse – sono parole del prof. Santomassimo – di una “generosa forzatura”. Fu proprio Matteotti a teorizzare la necessità di utilizzare le armi per insorgere contro il fascismo e resistergli. Si trattava di riflessioni che andavano maturando nei momenti in cui rispondere a violenza con violenza sembrava l’ultima reale possibilità per arrestare il dilagare del fascismo. Della cui forza Matteotti era conscio, tanto da discuterne anche in alcune lettere e in alcuni scritti, citati dal Prof. Caretti, curatore dell’opera omnia di Deputato rodigino.
Dunque per Matteotti si trattò prima di tutto di resistere al fascismo. Una resistenza personale, interiore, intima. Una resistenza che avrebbe dato il la alla Resistenza di cui si celebra oggi il settantesimo anniversario. Perchè, nell’una come nell’altra vicenda, a prevalere sugli interessi personali furono le ragioni del bene comune, dell’amor di patria, del rispetto e dell’osservanza della democrazia e del diritto.
Qui sta tutta la grandezza del personaggio, una caratteristica certamente ascrivibile a chi arrivò a sacrificare sé stesso per portare sino in fondo il compito assegnatogli dagli elettori e dal Paese. Eppure, a Matteotti tocca un destino paradossale: avere il più alto numero di strade, vie, piazze dedicate senza che quasi si conosca il motivo di tanta abbondanza. Era dunque giusto ricordarlo a novant’anni dalla morte, anche per rimettere l’accento sulla necessità che, ancora oggi, si ha di profili di questo spessore.
Come è stato notato durante i lavori e nelle conclusioni del convegno, la figura di Matteotti fu utile all’Italia degli anni fra il 1918 e il 1945. Ma ancora più utile sarebbe al giorno d’oggi. Troppe le occasioni in cui si antepone l’interesse privato a quello pubblico; troppe le occasioni in cui si arriva a perdere interesse verso le vicende del nostro Paese. Ancora oggi sarebbero necessari cittadini come Matteotti, uomini e donne in grado di leggere i segni dei tempi e di regalare esempi di coraggio, lealtà, abnegazione.
Ugo Pavan Dalla Torre