Ricordare la guerra per costruire la pace
Sabato 4 febbraio si è concluso a Firenze il ciclo d’incontri dedicato a «Guerra e pace nei due conflitti mondiali», tenutosi alla Biblioteca delle Oblate mentre ospitava al primo piano del chiostro centrale la mostra «Un’inutile strage. L’Italia nella Grande Guerra».
La mostra sulla Grande Guerra e il ciclo d’incontri sono stati organizzati per lanciare un messaggio di pace e di ripudio della guerra dall’Associazione culturale LetteLariaMente di Lierna, in provincia di Como, che ha materialmente prodotto la mostra, dalla Sezione di Firenze e dal Comitato per la Toscana dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra (ANMIG), che con la mostra hanno voluto ricordare il Centenario della fondazione della loro associazione avvenuto durante la Grande Guerra nel 1917, e dalla Sezione “Oltrarno” dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), che ha aperto con l’iniziativa le celebrazioni per il suo Settantesimo compleanno, essendo stata fondata dopo la Liberazione dai partigiani combattenti nel 1947.
Per lanciare il messaggio di pace le tre associazioni – di cui due, è da sottolineare, fondate da ex combattenti -, hanno scelto di ricordare il Centenario della Prima Guerra Mondiale in modo non celebrativo, ma facendo emergere quegli aspetti poco noti sulla conduzione della Grande Guerra che spesso sono taciuti nelle commemorazioni ufficiali: gli interessi della grande industria nelle forniture militari, le gravi responsabilità degli intellettuali schierati per l’intervento nella guerra, lo sfruttamento dei ceti popolari trasformati in “carne da macello” da una gerarchia militare tanto inetta quanto crudele.
All’ingresso della biblioteca, sotto il porticato del chiostro, una trincea di sacchi di sabbia, come quelle utilizzate sui fronti di guerra, ha introdotto per tutto il mese di gennaio il pubblico ai tragici eventi descritti nei pannelli della mostra. Al termine del percorso espositivo un grande quaderno ha raccolto centinaia di commenti, di nomi di visitatori, di considerazioni e riflessioni sul tema della guerra e della sua inutilità.
Tutti gli incontri tenuti nella Sala conferenze della biblioteca – dove si è parlato di “Disabilità e Guerra”, di “Salute mentale e guerra” e di “Come si esce dalla guerra” -, sono stati seguiti da un pubblico attento e partecipe.
I relatori intervenuti, coordinati da chi scrive, sono stati: Cristina Giachi, Vicesindaco del Comune di Firenze, appena rientrata da Auschwitz con il “Treno della memoria”, che ha portato i saluti dell’Amministrazione comunale; Pietro Biagini dell’Associazione Culturale LetteLariaMente; il prof. Sergio Tanzarella, docente presso la Pontificia Facoltà di Teologia di Napoli; il prof. Nicola Labanca, docente all’Università di Siena e Presidente del Centro Interuniversitario di studi e ricerche storico-militari; la dott.ssa Ellena Pioli, psichiatra e Presidente del Comitato Toscano ANMIG; il prof. Marco Grassi, Presidente della Sezione ANMIG di Firenze; la dott.ssa Annacarla Valeriano, ricercatrice all’Università di Teramo; la prof.ssa Sonia Lucarelli, docente presso l’Università di Bologna e il prof. Rodolfo Ragionieri docente presso l’Università di Sassari, entrambi membri del “Forum per i problemi della pace e della guerra”, sottolineando così l’impostazione non solo accademica ma anche politica che gli organizzatori hanno voluto dare alla rassegna.
Ogni incontro è stato introdotto da esibizioni musicali, canore o di recitazione con la partecipazione: del Coro “L’Altrocanto”, diretto da Stefano Corsi che si è anche esibito all’arpa celtica; del soprano Sabrina Guidotti, accompagnata dal Maestro Ernesto Chiti; e di Andrea Marri che ha letto poesie di Giuseppe Ungaretti scelte da Italo Dall’Orto.
Spesso gli interventi dei relatori sono passati dagli eventi delle due guerre mondiali del Novecento ai tragici fatti delle guerre più recenti, facendo emergere analogie drammaticamente attuali: dalla presenza delle vittime civili, addirittura aumentata nelle attuali guerre rispetto al passato; alle menomazioni permanenti e alle psicosi dovute ai combattimenti, che colpiscono indistintamente civili e militari; alla disperata condizione di chi per sfuggire alla guerra è costretto ad emigrare ed oggi diventa vittima di moderni schiavisti. Tutti danni prodotti da guerre più o meno tecnologiche scoppiate fra tribù, etnie, stati e nazioni con un unico comune denominatore: l’instabilità sociale. Un proliferare di scontri armati, spesso fratricidi ed ispirati ad ideologie più o meno confessionali, che vorrebbero far diventare la guerra una regola di convivenza fra gli uomini, rispetto alla pace che dovrebbe purtroppo diventare un’eccezione. Un paradosso, certo. Ma anche una triste realtà che oggi coinvolge quasi tutti i popoli medio orientali ed africani, agevolata ahimè dall’instabilità economica e politica di quasi tutte le nazioni d’Europa – Italia compresa – e adesso anche dall’instabilità politica degli Stati Uniti d’America. Viceversa, per avere la pace nel mondo sarebbe necessario avere Stati e Nazioni stabili, popoli non corrotti e comunità coese e orientate alla solidarietà sociale. Basterebbe comunque iniziare a ricordare la drammaticità della guerra senza retorica, com’è stato fatto lo scorso gennaio alla Biblioteca delle Oblate di Firenze, e creare la pace attraverso il rinnovamento delle istituzioni nelle singole Nazioni con profondi interventi sulla “scuola”, sulla “giustizia” e sulla “vita politica”, proprio come chiedeva di fare alla “Nazione Italiana” lo storico manifesto dell’ANMIG, nel lontano 4 Novembre 1918, ancor oggi incredibilmente attuale.
di Alessandro Sardelli