Foligno ricorda Elena Tommasuoli, madrina di guerra
«PORTARE UN PO’ DI CONFORTO A TUTTI QUESTI SOLDATI CHE SI FANNO UCCIDERE»
Presentato alla Casa del Mutilato il libro digitale di Elena Laureti sul madrinato di Elena Tommasuoli
Le madrine di guerra
Nel 2008, un novero di critici cinematografici, di registi e di documentaristi ha steso e presentato, nell’àmbito delle giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia, una lista dei 100 film italiani da salvare: «100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978». Tra queste, La Grande Guerra, il capolavoro di Monicelli del 1959 con la magistrale interpretazione di Sordi e Gassman. Per diffusa convinzione, condivisa anche da molti storici, quella pellicola ormai quasi sessantenne rimane uno dei migliori film sulla Prima Guerra Mondiale. In uno dei tanti quadri che finiscono per comporre la storia di due soldati tra prima linea e retrovia, il fante Oreste Jacovacci (Alberto Sordi) festante esulta al momento della ricezione della posta in trincea: è arrivata una busta con una sigaretta. Poi all’appello echeggia ancora il nome di Jacovacci: un’altra busta e un’altra sigaretta. Come mai tanta posta per Jacovacci? Si chiedono i commilitoni che non hanno ricevuto nulla: So’ le madrine de guera – risponde Sordi: io scrivo la lettera, poi faccio “copia conforme”… ‘O vedi?! C’è ‘a sorpresina pure in questa!. Quindi Sordi passa le missive a un compagno di trincea (Tiè! Lèggete ‘a lettera!) e, incurante del testo, inizia a fumare. Il quadretto precede di poco la celeberrima scena delle callaroste ed è accompagnata dal sottofondo delle parole e delle note di La licenza, commovente canto anonimo sulla crudeltà della guerra (Trenta mesi che faccio il soldato / ‘na letterina mi vedo arrivar). La scena svela per la prima volta al vasto pubblico italiano il ruolo delle madrine e della corrispondenza durante il conflitto: nella mèsse dei 4 miliardi di lettere e cartoline che circolarono in Italia tra il 1915 e il ’18, molte furono quelle scritte alle madrine e da queste indirizzate ai loro “figliocci” al fronte.
Nate in Francia proprio durante la Grande Guerra, le madrine hanno avuto ben presto una vasta diffusione anche in Italia, durante entrambi i conflitti mondiali: «Sono quelle signore, o signorine, che avendo avuto l’indirizzo di un soldato povero o senza famiglia, lo adottano come figlioccio, gli scrivono spesso, gli mandano di tanto in tanto a seconda dei loro mezzi finanziari qualche pacco con ciò che più gli occorre e che più desidera, oggetti di lana, sigarette, ecc. Ma la missione delle Madrine di guerra deve essere anzitutto di tenere sereno ed elevato il morale del loro figlioccio, mostrandogli interessamento ed affetto», come si legge in Per trovare madrine ai combattenti, “L’avvenire d’Italia”, 28 marzo 1916. Le madrine dunque esortavano al patriottismo, elevavano il morale di quei soldati a cui nessuno scriveva, favorivano lo sfogo di paure, angosce, sofferenze in quelli che, pur avendo una famiglia, non potevano liberamente raccontare tanto strazio. Non di rado i rapporti andavano oltre la mera corrispondenza e dopo il madrinato, a guerra finita, iniziava una frequentazione che poteva concludersi con il matrimonio.
Il libro digitale di Elena Laureti
Con ben altro spirito rispetto a quello puramente utilitaristico interpretato dal fante di Sordi, alcuni soldati nel «fradicio delle trincee» ricevettero dalla nostra concittadina Elena Tommasuoli il conforto della scrittura. Al madrinato di Nelly Benedettini (come Elena si firmava nelle missive) la nipote Elena Laureti, docente di materie letterarie al Liceo Classico di Foligno, ha dedicato un libro digitale appena edito da Michelangelo Spadoni Editore: Lettere alla madrina di guerra Elena Tommasuoli. Il senso della pubblicazione sta tutto nelle parole dell’Autrice in Presentazione: «dove sta la Storia? In quella ufficiale elaborata su documenti ufficiali da storici di spessore, o in quella sommessa, quella della povera gente, quella della gente comune? Nella storia sommessa trovano posto le lettere che mia nonna riceveva dai soldati al fronte o in prigionia. […]Ora in tutto questo gran parlare di unità, di patria, di federalismo (fiscale), di feste non feste, voglio aggiungere al coro indistinto di voci la voce di tanti giovani che trascinati (gli incolti, i contadini, i deboli) o trascinatori (studenti, ceto benestante, gli intellettuali), senza saperlo fino in fondo (quanti interventisti avrebbero rimpianto o rinnegato le loro iniziali decisioni?) hanno contribuito a offrire agli Italiani un’idea di patria: conoscendosi all’interno delle fradice trincee, cercando di decodificare i reciproci incomprensibili dialetti, salvandosi, quasi stranieri tra loro, con atti di eroismo vicendevoli che hanno dato un senso, un riconoscimento alla loro italianità, consapevoli, finalmente, di una internazionalità nel pianeta Terra. […] A mia nonna Elena Tommasuoli, pilastro della mia formazione umana di donna, ai miei figli, alle mie nipotine, ai giovani di tutti i tempi, i tempi della guerra e, se mai ci sarà, della pace internazionale, dedico questo lavoro, rimasto in sospeso dal momento in cui, aprendo il cassetto del canterano della sua camera da letto, mia nonna mi mise un plico legato da un nastro chiaro nelle mani, pregandomi di custodirlo, di proteggerlo affinché nessuno potesse gettarlo via considerandolo carta-straccia». Nel libro digitale (142 pagine a colori, con una fondamentale postfazione dello storico Fabio Bettoni sulle Donne e “mobilitazione civile” durante la Grande Guerra, con un quadro vasto e al contempo dettagliato di nomi ed eventi riguardanti Il caso di Foligno) si ritrovano appunto le 31 lettere che Nelly Benedettini ricevette dal fronte (undici sono in francese, scritte dall’affascinante tenente Maurice della Bona e pubblicate in originale e con la traduzione della professoressa Giulia Maria Lioi): tutte di gradevolissima lettura (colpisce la qualità del discorso, in questi soldati-letterati!) e di profondo senso, le corrispondenze rappresentano un significativo documento storico, la cui presentazione, non a caso, è stata motivo di dibattito venerdì 9 marzo 2018 alla Casa del Mutilato, dove l’Ass.ne Mutilati e Invalidi di Guerra (moderatrice e relatrice Fiorella Agneletti) e il Rotary Club (relatore Salvatore Ferocino) hanno riunito, con l’Autrice, la Dirigente scolastica del Liceo “Frezzi” (Rosella Neri), Remo Gasperini (presidente regionale Anmig), Paola Tedeschi (archivista, accademica fulginea, già direttrice della Sezione di Archivio di Stato di Foligno) e Maura Franquillo (assessore alla Memoria); il tema: il ruolo della donna nella Grande Guerra; le fonti principali: le Lettere dal fronte di Alessandro De Nobili a cura di Rita Chiaverini e Foligno e la Grande Guerra a cura di Fabio Bettoni. Hanno letto passi di lettere dal libro digitale gli alunni Davide Del Bianco, Giulia Nardella, Anna Sereni, Bruna Tintori. Presenti gli studenti della II B del Liceo linguistico “Frezzi” e del V Meccanico dell’Istituto professionale “Orfini”.
Maurizio Coccia