Il nostro Vicepresidente nazionale intervistato da un giornale giapponese
LE SOFFERENZE
DEI MILITARI ITALIANI INTERNATI
Sono passati 70 anni dall’aprile del 1945 in cui l’ltalia fu liberata dall’occupazione della Germania nazista, dopo aver firmato il trattato di pace con gli Alleati nel settembre del 1943 durante la seconda guerra mondiale ed aver abbandonato la triplice alleanza stretta con il Giappone e la Germania. Pochi sono a conoscenza, anche in ltalia, del fatto che circa 650.000 militari italiani sono stati fatti prigionieri dalla Germania, divenuto paese nemico, deportati nei campi di lavoro e di sterminio nazisti e costretti a pesanti lavori, per cui circa 50.000 hanno perso la vita.
ln occasione del 70° anniversario della fine della guerra, a Roma è stata allestita una mostra, dal titolo “Vita di militari italiani internati”, organizzata dall’ANRP, associazione nazionale reduci dalla prigionia e dall’internamento e loro familiari, in cui sono raccolti testimonianze e materiale ottenuti da militari sopravvissuti a quell’esperienza. Vi possiamo trovare abiti e diari dei prigionieri, foto in cui sono ritratti nei campi recintati da filo spinato o nelle fabbriche dove venivano fatti
lavorare. Secondo la professoressa Rosina Zucco, che ha collaborato alla mostra, i prigionieri italiani vennero trattati in modo più crudele degli altri e patirono maggiormente la fame, perché soldati di un paese alleato diventato nemico. Studenti del dottorato dell’Università di Roma riferiscono di avere sentito la storia di questi militari per la prima volta dal loro professore.
Enzo Orlanducci, presidente dell’ANRP, ci spiega che finora non si è parlato di questi prigionieri, perché le ferite di quella tragedia erano ancora troppo recenti. Dopo 70 anni, “ambedue i paesi stanno condividendo l’esperienza della guerra e cercando di superare il passato. La presenza dell’ambasciatore tedesco all’inaugurazione della mostra ha un profondo significato” ha sottolineato.
Un ex prigioniero, Michele Montagano (93 anni), in omaggio alla sua esperienza di prigioniero in opposizione alla Germania nazista, vorrebbe che i giovani ricordassero che per la sua generazione, “abituata solo ad obbedire durante la dittatura fascista di Mussolini, la resistenza alla Germania è stata un’occasione per decidere per la prima volta liberamente la propria condotta”.