La festa della Liberazione
In occasione del 79° anniversario della Liberazione il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto al Quirinale una rappresentanza delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma.
Dopo i saluti del membro anziano della Giunta delle Associazioni d’Arma, Generale C.A. Libero Lo Sardo, e del Presidente della Confederazione Italiana fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane, Prof. Claudio Betti, sono intervenuti il Ministro della Difesa, Guido Crosetto e il Presidente della Repubblica.
Nell’occasione il Presidente Betti ha fatto dono al Presidente della Repubblica della medaglia coniata in occasione del XXXV Congresso Nazionale Anmig.
Questo il discorso tenuto dal Presidente Betti:
Signor Presidente,
a nome della Confederazione fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane, che ho l’onore di presiedere, desidero ringraziarLa per l’odierno incontro, che ci permette di celebrare degnamente la storia e il ruolo del popolo italiano.
La Confederazione è nata dal proposito di portare avanti con un’unica voce la difesa e l’attuazione dei valori sanciti nella Carta Costituzionale a partire dal ripudio della guerra, ponendo la pace come valore assoluto.
La sua attività, a carattere fortemente didattico-culturale rivolta alle giovani generazioni, ha come intento precipuo quello di far conoscere i principi fondamentali della Costituzione nata dalla lotta contro il fascismo ed il nazismo, spiegando come sia necessario difenderla dagli attacchi che vorrebbero indebolirla, facendole perdere il forte significato antifascista che ne costituisce la radice.
Purtroppo nel nostro continente, che era riuscito per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale a vivere un lungo periodo di pace (nonostante la drammatica esplosione della guerra nei Balcani negli anni ’90) rafforzato ulteriormente dal superamento dei due blocchi contrapposti della cosiddetta guerra fredda, sono riemerse le ambizioni imperialistiche che hanno caratterizzato la storia dei secoli trascorsi ed è ricomparsa tragicamente sulla scena la guerra con i suoi lutti, le sofferenze, le devastazioni ed immani violenze. Una guerra scatenata dalla Russia per occupare la pacifica Ucraina costretta a combattere per mantenere il sacro diritto ad essere un Paese libero, sovrano e autodeterminato.
L’orologio della storia è ritornato indietro di un secolo. Ripetendo le logiche del nazismo e del fascismo, ovvero di una guerra per espandere il proprio potere in termini imperialistici.
Mentre il 7 ottobre dello scorso anno, di fronte ad un esecrabile attacco terroristico da parte dei gruppi armati di Hamas, si è scatenata nel medio-oriente una vera e propria carneficina, i canali diplomatici del mondo intero debbono intensificare la propria azione affinchè si creino le condizioni per un “cessate il fuoco”, riportando la pace in quei luoghi che ormai da 75 anni sono martoriati dalla guerra, perché si riavvii un processo che finalmente porti al riconoscimento di due popoli e due Stati: Israele e Palestina.
Ricordare e celebrare il 25 aprile 1945 significa, per tutti noi, ribadire il valore storico, politico e civile di una data che, nel nome della libertà, segnò per l’Italia l’avvio di un’epoca nuova.
Il nostro Paese, uscito distrutto dal ventennio fascista e da una guerra terribile, quel 25 aprile iniziava un percorso di riconciliazione e di ricomposizione dell’unità nazionale, che ancora oggi a distanza di 79 anni, costituisce un insegnamento prezioso.
Finalmente l’Italia era libera e, con la successiva promulgazione della Costituzione, conosceva la Democrazia.
Oggi rievochiamo commossi il coraggio e la dedizione assoluta di tanti giovani, partigiani, intellettuali, sacerdoti che non ebbero paura di schierarsi contro la dittatura, delle tante donne straordinarie protagoniste in questo doloroso cammino che ha portato il popolo italiano al riscatto della propria dignità.
Ricordiamo quel “no” dei 600.000 soldati deportati nei lager, dei quali 60.000 non tornarono.
Oggi ricordiamo le migliaia di connazionali ebrei deportati e sterminati nei campi di concentramento, dei quali, autorevole testimone, raccontò la tragedia Primo Levi. Le donne e gli uomini di ogni ceto ed estrazione, le famiglie che nelle loro case protessero, pagando spesso con la propria vita, i nuclei antifascisti e i custodi della Resistenza.
In questa ricorrenza in cui vogliamo riaffermare una nuova coscienza di popolo, non dobbiamo mai dimenticare coloro che resero possibile che ciò accadesse.
Penso alla coraggiosa ricostruzione dell’esercito italiano a Mignano Montelungo, all’eroismo di Cefalonia, alle Fosse Ardeatine, agli eccidi di Sant’Anna di Stazzema, di Marzabotto e al NO degli Internati Militari nei lager nazisti.
È quindi nostro dovere ricordare quei drammatici ed esaltanti momenti soprattutto in questa giornata perché è grazie al loro sacrificio che oggi possiamo vivere da uomini e donne liberi.
È nella memoria che ci viene restituito il significato profondo del rispetto e del senso di appartenenza alle istituzioni democratiche, che i nostri combattenti nelle fila della Resistenza, i partigiani, hanno amato e difeso perché potessimo ricostruire una società capace di garantire la convivenza civile, la pace, la libertà.
Una società intesa come una grande famiglia che la Confederazione ha voluto incarnare.
Ma se la famiglia è il nucleo fondamentale della società oggi questa espressione tradizionale può apparire una formula vuota e puramente rituale. Infatti chi non rimane sgomento per i tanti femminicidi che si ripetono a ritmo incessante e che sembra non possano avere mai termine? Femminicidi che spesso si originano all’interno della famiglia e di cui frequentemente l’autore è il coniuge.
Mi sento di aggiungere che la Confederazione vuole essere soprattutto espressione di solidarietà, nel solco di quanto la stessa Costituzione all’art. 2 recita: “La Repubblica (…) richiede l’adempimento dei dovere inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Nessuna società potrebbe sopravvivere senza solidarietà fra i propri membri. Una solidarietà che deve procedere in un vitale interscambio, dall’alto al basso e dal basso all’alto, dalle più alte cariche dello Stato, che sono chiamate a dare il buon esempio ai cittadini comuni in modo che tutti si sentano responsabili di mantenere in buona salute il corpo sociale a vantaggio di tutti.
Ed è stata proprio la Resistenza ad offrire questo esempio.
La Resistenza fu un fenomeno nel quale si unirono persone di idee e provenienze diverse: comunisti, socialisti, azionisti, cattolici, repubblicani, liberali, militari, carabinieri, preti. Un movimento che, nonostante le profonde differenze ideali al suo interno, seppe rimettere in piedi un Paese distrutto. Tutti insieme, prima di tornare a battersi nelle urne elettorali e non con fucili, spranghe e moschetti.
Rendiamo il nostro omaggio più sincero, oggi, a tutti i partigiani e alle persone barbaramente assassinate per aver difeso il diritto alla libertà. Fu anche grazie alla loro scelta di coerenza e consapevole sacrificio, che fu possibile il 25 aprile del 1945.
Davanti alla minaccia alla nostra Libertà e alla nostra Democrazia, l’Europa tutta deve recuperare solidarietà e coesione, così come fecero allora le tante formazioni partigiane, che a fianco delle truppe alleate non esitarono a mettere a repentaglio la propria vita per liberare i territori dall’oppressione nazifascista.
Nella giornata di oggi rinnoviamo davanti a Lei, Signor Presidente, il nostro impegno ad operare per la difesa della Libertà dolorosamente conquistata e rivolgiamo il nostro appello alle nuove generazioni, affinchè difendano la Costituzione, nata 76 anni or sono dal sacrificio della lotta di Liberazione e dal sangue di coloro che morirono per la libertà di tutti.
Facciamo nostre le parole di Camillo Benso Conte di Cavour quando affermava: “Sono figlio della libertà e a lei devo tutto ciò che sono”.
La Confederazione delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane proseguirà nel proprio impegno nel tramandare la memoria degli eventi che hanno segnato l’Europa attraverso tutto il secolo scorso e per la difesa dei valori affermatisi al termine del secondo conflitto mondiale. Quei valori su cui si basa il nostro dettato costituzionale e su cui riteniamo si debba continuare a poggiare l’intera Unione Europea.
Rivolgiamo, infine, il nostro pensiero riconoscente alle Forze Armate per il ruolo fondamentale che continuano a svolgere sia in missioni di pace in varie parti del mondo, sia per l’incessante impegno che consente a tutti noi di vivere nella libertà, nel progresso e nella pace.
“L’Italia democratica – affermava il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat nel suo discorso di insediamento – deve gran parte del suo patrimonio politico e morale alla Resistenza. La Resistenza deve essere resa dalla nostra scuola sempre più viva nella riconoscenza del Paese come nostro secondo Risorgimento”.
Viva la Resistenza! Viva la Repubblica! Viva l’Italia!